“Rispetteremo norme europee che impongono di aprire a questo prodotto”

Milano, 14 apr. (askanews) – “Il dealcolato può aprire nuove fette di mercato ma noi che partita vogliamo giocare, quella della qualità o quella della quantità? Io vedo che le scelte di contingentamento produttivo portano spesso alla qualità nel calice, e in molte aree del Paese, come la Franciacorta, questa è stata una scommessa vinta. In Italia la standardizzazione non conviene, mentre ciò che è intimamente legato ad un territorio ci fa vincere la battaglia competitiva. Facciamo le bevande dealcolate che derivano dall’uva e non chiamiamole vino”. Lo ha affermato il ministro dell’Agricoltura, Sovranità alimentare e Foreste, Francesco Lollobrigida, nel corso del suo intervento ad un convegno a Vinitaly nel corso del quale è stata presentata una ricerca realizzata dall’Osservatorio Uiv-Vinitaly in collaborazione con Prometeia.

Quello del vino o delle bevande senza alcol (vedremo quale sarà il nome su cui si troverà un eventuale mediazione) è un tema sul quale l’industria enologica italiana spinge da tempo, convinta che non si possa rinunciare ad un mercato ritenuto in crescita esponenziale. Sempre sullo stesso tema, in un’intervista sul Daily del Gambero Rosso dal Salone, Lollobrigida è apparso ancora più critico affermando: “Lo dico in modo brutale ma chiaro: quando qualcuno sostiene che il dealcolato ci permetterà di aprire una nuova fetta di mercato, io guardo sempre a questa affermazione con un certo sospetto: il rischio è che si vada ad abbassare il valore di un prodotto di eccellenza. Rispetteremo le normative europee che impongono di aprire a questo prodotto – ha aggiunto il ministro – ma da parte mia non ci sarà nessuna incentivazione alla sua promozione”. “Quello che chiedo ai nostri imprenditori è di fare una riflessione: vogliono investire su qualcosa che fa parte della nostra cultura o virare verso una produzione che probabilmente non ci farà brillare?” si è domandato retoricamente Lollobrigida, concludendo “personalmente ritengo irragionevole dover chiamare vino una bevanda che cambia proprio il modo di produrre il vino stesso”.

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