Deportato dai nazifascisti, ha fatto la resistenza. Poi il cinema

Roma, 6 set. (askanews) – Novantatré anni, Giuliano Montaldo, genovese, era considerato il decano dei registi italiani. Nato a Genova nel 1930, a soli 14 anni era stato rastrellato dai nazifascisti e deportato sul fronte al sud. Fuggito si era unito alla Resistenza nel Gruppo di Azione Patriottica (Gap) della sua città.

Aveva esordito come attore in Achtung! Banditi! nel 1952, recitando accanto a Gina Lollobrigida, poi era stato collega di set di Marcello Mastroianni in Cronache di poveri amanti. Nel 1961 il passaggio dietro la macchina da presa con Tiro al piccione, seguito da Una bella grinta nel 1965. Nel 1969 aveva diretto Gli Intoccabili con John Cassavetes e Peter Falk.La sua trilogia del potere composta da Dio è con noi (1970), Sacco e Vanzetti (1971) e Giordano Bruno (1973), rispettivamente sul potere militare, giudiziario e religioso. Tra gli altri film diretti per il cinema si ricordano L’Agnese va a morire (1976) e Gli Occhiali d’Oro (1987). Le ultime fatiche da regista erano state invece I demoni di San Pietroburgo (2008) e L’industriale (2011). Per la tv aveva realizzato Marco Polo (1982), kolossal in otto puntate.

Nel 2007, Montaldo era stato premiato con il David di Donatello alla carriera. Nel 2017 aveva ottenuto il David come migliore attore non protagonista per la sua interpretazione in Tutto quello che vuoi di Francesco Bruni, nel 2012 un Nastro d’Argento speciale per il ruolo nel documentario Quattro volte vent’anni, diretto da Marco Spagnoli e incentrato sulla sua carriera e la sua vita, fortemente segnata dalla militanza antifascista. In totale sono 20 i film diretti da lui per il cinema, 16 dei quali musicati da Ennio Morricone, che lo rendono il regista con cui il Maestro ha collaborato maggiormente nel corso della sua carriera.

Nel 2021, nel suo libro autobiografico Un Grande Amore pubblicato da La nave di Teseo, Montaldo ha raccontato per la prima volta in prima persona il film della sua vita, ricostruendo in modo molto avvincente oltre settant’anni di carriera davanti e dietro la macchina da presa, e insieme il profondo legame d’amore e di lavoro in comune con sua moglie, da lui definita “il mio migliore collaboratore”.

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